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Questo racconto lo pubblicai mesi fa e poi l’ho tenuto privato. E’ un peccato. Voglio ripubblicare tutti i racconti che avevo scritto, perchè non è giusto che qualcuno mi chieda di tenerli riservati. Sono racconti del mio io fantastico. Lei posso essere io, puoi essere tu. Lui può essere chiunque e nessuno…

 

Solo una piccola luce illuminava quella stanza colorata. Ombre la rendevano misteriosa. Due anime erranti si erano incontrate, per caso, per gioco, quel giorno come un giorno anni prima.

Seduti sul divano bianco si cercavano e si respingevano. Tutto è il contrario di nulla. Due anime erranti ancorate alle proprie paure. Due anime erranti che avrebbero voluto ancorarsi l’una all’altra, ma forse quello non era il giorno.

Lei, apparentemente sicura di sè, in realtà terribilmente fragile, cercava un segno negli occhi di lui. E poi, all’improvviso lei chiese a lui: ma tu sei felice?

E lui, sconcertato da quella domanda, così diretta, così vera, così disarmente le rispose: no, non lo sono. I suoi occhi erano umidi. Il suo viso si voltò dall’altra parte come in cerca di una protezione, da lei, dal male che lei gli stava facendo.

E lei, con una semplicità un po’ bambina, con un grande sorriso disse: allora prendi la tua vita a due mani e cerca la tua felicità.

Ma lui era sempre più disorientato, e con lo sguardo perso in un mare di dubbi e di incertezze disse: e come faccio?

Solo una piccola luce illuminava il loro mondo. L’uno era la luce dell’altro, ma nessuno dei due se ne rendeva conto.

Quella sera, come ogni volta si incontrassero, erano vicini, vicini come non mai, sapendo che un attimo di vicinanza li avrebbi spinti lontano per sempre.

Lei capì, quella sera, che lui si era perso davvero. Si era perso tanti anni prima e questo non c’entrava con lei. Si era perso per strade oscure, si era perso in strade buie e mal odoranti. Si era perso e in fondo, gli faceva comodo non ritrovarsi e non ritrovare la via verso se stesso. Lei capì, quella sera, che le sue parole, in poesie, in racconti, in messaggi lo uccidevano parola dopo parola. Lei capì, quella sera, che per essere luce doveva diventare buio, che per essere parola doveva diventare silenzio, che per diventare compagnia doveva diventare solitudine. Lei capì, quella sera, che nulla era perduto, ma doveva lei dimenticarsi di lui e di tutto cio’ che lui era stato per lei.

Solo una piccola luce illuminava quella stanza colorata, e lei decise di spegnerla per sempre.